Il Krav Maga ad alta intensità

 Utilità ed esempi di trasposizione di tecniche HIIT al Krav Maga

del dott. Marco Caponera

(Senior Instructor di Krav Maga KSDA, proprietario dello Studio di Personal Training “BodyMind Training” di Grottaferrata (Rm), laureato in Scienze Motorie).

 
L’High Intensity Interval Training è una metodologia di allenamento che si sta sviluppando e applicando sempre più spesso in molte discipline sportive e di Fitness, purché unisce un’alta efficacia nel condizionamento di componenti specifiche dell’allenamento, con tempistiche di lavoro ridotte. Nel Krav Maga già da tempo si utilizzano tecniche di allenamento intervallato per migliorare potenza, forza, reattività ecc. ma le differenze tra un Interval Training e un HIIT sono molteplici e il secondo consente una ancora più specifica, ampia e verificabile efficienza dell’allenamento. Perché si possa parlare di HIIT devono essere rispettati determinati requisiti, non basta alternare esercizi differenti con differenti velocità, tuttavia questa tipologia di allenamento offre vantaggi notevoli su più fronti e mi propongo di esporne qui le notevoli potenzialità se applicata al Krav Maga.

Come nasce l’HIIT


L’HIIT nella sua connotazione scientifica moderna, se si escludono tentativi precedenti come il Fartlek ad esempio, lo si deve al lavoro del ricercatore giapponese I. Tabata che nel 1996 mise a punto e sperimentò un protocollo di allenamento teso a verificare se un allenamento intervallato ad alta intensità potesse contribuire a migliorare il Vo2max e la capacità anaerobica dell’atleta. Il protocollo sperimentato utilizzava il cicloergometro (attività ciclica) come strumento di allenamento e prevedeva un’intensità del 170% del Vo2max, protratta per 20” e un riposo passivo di 10” per un totale di 8 ripetizioni. La tabella del protocollo prevedeva 4 giorni alla settimana di HIIT e un quinto giorno di attività ad intensità moderata al 70% del Vo2max per 60 minuti, il protocollo è stato proposto per una durata complessiva di sei settimane, confermando le attese dell’ideatore.

Da Tabata in avanti c’è stato un profluvio di studi scientifici che in varie forme e con diverse finalità hanno decretato varianti di HIIT come allenamenti efficaci per migliorare molteplici aspetti del training e della performance sportiva ma anche riabilitativa e anti aging. Oggi disponiamo di queste ricerche che pur non riferendosi specificatamente al Krav Maga, se opportunamente rimodulate per gli scopi e le specificità di questa disciplina, possono aiutare l’istruttore a migliorare numerosi aspetti della difesa personale. Vediamo di analizzarne alcuni.

Perché usarlo nel Krav Maga


Il Krav Maga (per civili) è un’attività, (non è uno sport, non esistono competizioni) che si basa sulla capacità di prevenire un’aggressione, gestirne l’eventuale escalation e infine insegna all’allievo/a a difendersi da un’aggressione in atto, da parte di uno o più soggetti, anche armati. Nel Krav Maga per quanto riguarda la componente fisica sono necessarie soprattutto, reattività, propriocezione, equilibrio, coordinazione, potenza, al fine di uscire quanto più indenni possibile da un’aggressione fisica che durerà da pochi secondi, a un minuto o due, se in presenza di più aggressori, ma è una possibilità meno frequente. Questo timing deve far riflettere l’istruttore sulla tipologia di allenamento in grado di massimizzare la capacità di risposta dell’allievo in un tempo ristrettissimo. Quindi lavori di endurance con il Krav Maga c’entrano poco o nulla. Anche qualora si dovesse fuggire da un’aggressione imminente o appena conclusa, si tratterebbe di eseguire più uno ”scatto“, che un “lungo lento”. Questo è il primo discrimine.

La seconda peculiarità che lo rende dissimile da qualunque altra disciplina di combattimento sportivo è il fatto che il praticante non affronterà diversi round di combattimento ma soltanto uno: veloce, estremamente brutale, ma, al tempo stesso, risolutivo, sia che abbia la meglio sia che abbia la peggio. Per cui lavori che sono ormai consolidati nella boxe, nella kick boxing o nella thai boxe non sono adatti al praticante di krav maga. anche dovesse verificarsi l’eventualità di incontrare più aggressori, visto il tempo molto ravvicinato fra un’aggressione e l’altra, senza pause, di solito, non è consigliabile basarsi esclusivamente sulla tipologia di allenamenti sopra menzionati.

Il terzo parametro, non ultimo per importanza, riguarda la tipologia di praticante del Krav Maga, che a differenza degli sport citati finora, non annovera nell’80% dei casi giovani, forti, in salute, già con una base atletica derivata dagli anni di pratica, marziale o sportiva, ma adulti che in molti casi “tornano” a praticare una forma di attività fisica dopo mesi, se non anni, di sedentarietà, o attività fisiche blande o con tutt’altra finalità. Naturalmente ciò non esclude che fra i praticanti ci siano anche soggetti più giovani o meglio allenati, quindi spesso e volentieri ci si trova di fronte gruppi molto eterogenei fra loro e con aspettative e capacità che differiscono di molto. Ragion per cui per far in modo che ciascuno possa avere la giusta dose di stimolo atletico si deve ricorrere a protocolli, che siano personalizzabili nella performance espressa, altrimenti avremo sicuramente defezioni dal gruppo o per via di allenamenti troppo duri per qualcuno, o perché troppo blandi per altri. Chiaramente prima di effettuare allenamenti con richieste importanti sia sul piano del Vo2Max che della frequenza cardiaca, l’istruttore deve verificare che i soggetti cui gli allenamenti vengono proposti siano in grado di effettuarli in tutta sicurezza.

Infine, di solito, il Krav Maga viene articolato su due, massimo tre allenamenti alla settimana, della durata di un’ora, un’ora e mezza al massimo. Quindi, anche qui, abbiamo differenze sostanziali rispetto alle discipline marziali e ancor più nei confronti di quelle di combattimento sportivo, dove ci si arriva ad allenare anche cinque giorni a settimana (più gare o combattimenti), per un tempo raramente sotto le due ore a seduta. Diviene quindi determinante poter ridurre al minimo il tempo speso per il condizionamento fisico, oppure allenarlo integrandolo, ove possibile, con gli aspetti tecnici.

Tenuto conto di tutto ciò l’HIIT può essere un valido strumento per ovviare alle problematiche sopracitate e contemporaneamente centrare le specificità di una disciplina così particolare, più vicina a uno sprint sui 100 metri che a un incontro di boxe o di karate. 

Esistono molti protocolli HIIT “Evidence Based” che possono essere mutuati nel Krav Maga. Di seguito ne propongo alcuni, cercando di spiegarne modalità, finalità ed esempi applicativi. Tengo a precisare che mentre i protocolli che citerò sono tutti validati scientificamente, la loro applicazione al Krav Maga non è mai stata sperimentata prima, che io sappia. Nemmeno questo testo vuole ambire allo status di ricerca scientifica, tuttalpiù rappresenta una trasposizione sul campo da cui prendere spunto.



Esempi di adattamenti di protocolli HIIT al Krav Maga


Trasposizione del protocollo Tabata con esercizi aspecifici e specifici (Krav Maga).
Esempio: burpees, Calcio frontale dx, calcio frontale sx, pugni diretti alternati, cadute all’indietro, jump squat, calcio circolare dx, calcio circolare sx. 20” fase attiva, 10” recupero passivo. Le stazioni vanno eseguite alla massima velocità possibile in assenza di compensi sulla tecnica dell’esercizio. Si può andare da un minimo di una serie a un massimo di quattro, ciò per ovviare alla minore intensità dell’allenamento rispetto allo studio originale di Tabata che prevedeva come detto, di raggiungere il 170% del Vo2max, cosa difficile da ottenere, difficile da misurare, e pericolosa con soggetti non altamente allenati. il circuito da 8 stazioni può anche essere ulteriormente suddiviso in due da quattro, inserendo una pausa da 60” di recupero passivo, fra i due, rimodulando di conseguenza il numero di serie. Ciò per venire incontro alle esigenze dei meno giovani o meno allenati. Obiettivo dell’allenamento sarà aumentare il numero delle ripetizioni all’interno di ciascuna stazione e il volume di lavoro totale (numero di stazioni o di serie totali). Gli adattamenti relativi a questo protocollo sono cardiovascolari, e dei metabolismi anaerobico alattacido e lattacido e ossidativo, in proporzioni diverse a seconda dell’intensità “reale” raggiunta dal praticante. Un esempio di trasposizione Tabata alle “cadute” del Krav Maga è visibile qui: https://youtu.be/lEEcRc9vpmc

Un altro protocollo HIIT replicabile in palestra è quello sviluppato da M. Mohr nel 2007, la trasposizione pratica può essere sviluppata con scatti di 6” alla velocità massima (o vicino al massimo) ripetuti per un massimo di 10 volte, con un recupero passivo di 60” (o di ritorno in camminata molto lenta fino al punto di partenza). Lo studio prevedeva scatti al 95% della velocità massima e da 3 a 6 allenamenti HIIT alla settimana, per un periodo di 8 settimane, con adattamenti attesi nell’ambito cardiovascolare, e nei metabolismi anaerobici alattacidi, particolarmente interessanti in ottica Krav Maga dov’è richiesta la capacità di esprimere reattività e potenza per pochi secondi.  Un accorgimento da tenere a mente è la velocità massima da raggiungere quando questa inizia a calare si dovrebbe interrompere l’esercizio, aumentando quindi il volume poco a poco, per non uscire dai risultati attesi dal protocollo. Un esempio di questo circuito è visibile qui: https://youtu.be/epktO8mPXOE

Un protocollo molto interessante e molto versatile da utilizzare è quello comunemente definito 30:30, sviluppato da V. Biliat e al. nel 2000.
Come nel lavoro di Tabata, il protocollo si basava sul raggiungimento di un certa quota di Vo2max, in questo caso del 100%, per cui in palestra si dovrebbe richiedere al praticante di eseguire gli esercizi alla massima velocità possibile, per ottenere uno sforzo percepito molto alto per 30”, con una fase di recupero attivo di altri 30” orientativamente al 50% del Vo2max (come da studio), che può essere replicato con esercizi da eseguire in maniera più blanda o semplicemente dalla difficoltà inferiore. Un esempio di lavoro potrebbe essere far eseguire gli stessi esercizi proposti nell’esempio del Tabata intervallati da saltelli sul posto, o salto della corda a ritmo blando. Oppure, utilizzando colpitori o sacchi, si possono alternare tecniche di colpo molto intense nella fase attiva, intervallate da schivate (ad esempio) nella fase di recupero. Un’altra modalità interessante è far eseguire 30” di esercizi di potenziamento (Burpees, cadute, jump squat, affondi pliometrici alternati, piegamenti pliometrici sulle braccia) ad alta intensità seguiti da 30” di ripasso delle tecniche di Krav Maga a coppia a bassa velocità, il che, come il lavoro al sacco, consente di lavorare sul miglioramento fisico e tecnico contemporaneamente, riducendo i tempi e rendendo l’organizzazione dell’allenamento più efficiente. Altra possibilità ancora su questo fronte è lavorare indossando protezioni (per la sicurezza dei praticanti) e alternando 30” di tecniche a velocità reale contro più avversari, con tecniche a bassa velocità per i 30” a bassa intensità (schivate, parate e contrattacchi o lavoro al sacco blando. Un esempio di lavoro al sacco stile Krav Maga è visibile qui: https://youtu.be/vPWsLT3JTY0 Qui invece lavorando con salti sul posto e un bastone da Kali: https://youtu.be/RoG02kwVdz8 Questo è un altro esempio con il bastone e i burpees: https://youtu.be/zSLMpFfyESg
  Il protocollo originale prevede 16 ripetizioni complessive, che al solito possono essere raggiunte quando i praticanti riescono a mantenere livelli di intensità inalterati nelle fasi attive. Se il protocollo è eseguito correttamente prevede adattamenti prevalentemente ossidativi e glicolitici nell’arco di 4 settimane già con due allenamenti settimanali.

Un quarto protocollo cui mi sono ispirato ma che ho rielaborato in maniera più rigida rispetto all’originale è quello di A.O. Sheperd et al, del 2015. Lo studio originale prevedeva una fase attiva al cicloergometro al 90% dell’HRMax fra i 15” e i 45” e una fase di recupero attivo fra i 45” e i 120”, entrambe autoregolate dal soggetto allenato per un totale di 8 ripetizioni, e una frequenza di 5 allenamenti settimanali. Una trasposizione al Krav Maga potrebbe prevedere di far lavorare i praticanti in gruppi solitamente di 3/4 con un praticante che esegue delle tecniche di difesa contro tutti gli altri membri del gruppo, a velocità reale, e impegno prossimo al massimale, per 30”, al termine dei primi 30” diventa vittima un secondo membro del gruppo, consentendo al primo di effettuare un recupero attivo attaccando la vittima e così via. Si ha così una fase attiva per ciascun partecipante di 30” e una fase di recupero attivo di 60” in gruppi da tre (modalità molto impegnativa), nei gruppi da quattro il recupero attivo sarà di 90” (modalità meno onerosa). Rispetto allo studio originale viene meno la componente di autoregolazione del lavoro da parte del praticante, ma è un prezzo da pagare per riuscire a organizzare gruppi numerosi che altrimenti autoregolandosi avrebbero durate del circuito troppo differenti con ricadute negative sulla organizzazione del lavoro. Tuttavia avendo sostanzialmente “bloccato” il timing e cercando di rispettare l’intensità richiesta questa trasposizione non dovrebbe essersi allontanata troppo dagli adattamenti tipici dello studio, che sono soprattutto ossidativi e del metabolismo anaerobico lattacido. Un esempio di Sparring con tecniche specifiche del Krav Maga 30:60 è visibile qui: https://youtu.be/1v1yDq_vCYI

Un ultimo HIIT molto interessante, non molto intenso ma che ha un’enorme utilità tecnica per innalzare l’intensità della pratica del Krav Maga è il cosidetto 10:20:30 di Gunnarsson & Bangsbo del 2012. Il protocollo originale prevedeva lavoro ciclico sulla corsa, 30’’ al 30% della velocità massima dell’atleta, seguiti da 20’’ al 60% della velocità e 10’’ a oltre il 90% della velocità. Ripetuto per 5 cicli e fatto seguire da un riposo di 2’, per un totale di ¾ serie. Tre allenamenti settimanali per un totale di 7 settimane hanno prodotto un aumento del Vo2 Max, migliorato le prestazioni di corsa sulle lunghezze medie, e si è ridotta la pressione sistolica e il colesterolo totale e LDL.

Questo protocollo può essere declinato nel Krav Maga in esercitazioni tecniche, facendo eseguire a una coppia di praticanti una tecnica di difesa base, eseguita dalla “vittima” con lo sparring partner che esegue le tecniche di aggressione, con intensità e impatto crescenti. Si parte nei primi 30 secondi con la tecnica alla velocità minima con zero impatto o quasi. Si passa, di seguito, senza pause, ad eseguirla con una maggiore intensità a contatto, per finire negli ultimi 10 secondi della ripetizione alla massima velocità e con il massimo impatto (si possono far indossare protezioni per il corpo per evitare danni e infortuni). Le cinque ripetizioni del protocollo possono reiterare la medesima tecnica per farla assimilare al massimo grado senza distrazioni oppure si può cambiare tecnica di difesa e attacco ad ogni ripetizione per variare il lavoro e per verificare la corretta applicazione delle tecniche stesse. Ciò crea come immaginabile uno stress in più. Il singolo ciclo di 5 o 3 ripetizioni può essere ripetuto dopo una pausa di due minuti circa. In questo modo siamo sicuri di rispettare in pieno i presupposti dello studio e non andare inavvertitamente fuori strada. Oppure possiamo creare delle alternanze tra attacco e difesa, coscienti però che qui ci stiamo decisamente allontanando dai risultati dello studio e quindi non potremo aspettarci gli adattamenti attesi dal medesimo. Tuttavia anche se metodologicamente questa pratica sarebbe da sconsigliare, in chiave prettamente tecnica potrebbe avere una sua utilità, tutto sta, come sempre, alla sensibilità del tecnico e alle aspettative sul “cosa” vuol ottenere da questa tipologia di allenamento. Se vuole adattamenti in ambito fisico allora meglio attenersi al protocollo, se è il miglioramento della tecnica che sta ricercando potrebbe essere un buon compromesso. Sicuramente questo protocollo consente di lavorare efficacemente sulla tecnica mentre si ricercano anche adattamenti in ambito di Vo2Max (inferiori ad altri protocolli ma presenti) anche in soggetti non proprio avvezzi all’allenamento ad alta intensità, quindi neofiti o soggetti avanti con l’età.

Accorgimenti metodologici

Gli adattamenti esposti sopra rappresentano degli esempi, ma i protocolli possono essere utilizzati con esercizi differenti, utilizzando anche strumenti differenti, personalmente ho realizzato circuiti HIIT per il mio gruppo di allievi anche con “strumenti” tipici del Krava Maga, come bastoni e coltelli d’allenamento. L’istruttore, a patto che si attenga gli obiettivi e alle intensità prescritte da ciascun protocollo può ideare, realizzare e sperimentare a piacimento, infatti tutti i protocolli esemplificati possono contenere lavori ciclici e aciclici, non è così per tutti i protocolli HIIT presenti in letteratura ed è per questo che sono stati scelti e adattati proprio questi al Krav Maga. Sono protocolli utili e versatili per questa disciplina. I tempi per il raggiungimento degli adattamenti attesi saranno ovviamente più lunghi rispetto agli studi scientifici di riferimento, per via della minor frequenza degli allenamenti, che come detto sopra, mediamente sono di due sedute settimanali.

Gli allenamenti HIIT possono essere inseriti sia dopo adeguato riscaldamento, in stile RAMP ad esempio, ad inizio seduta o più avanti al termine della fase “tecnica”, anche come efficace esercizio sotto “stress”, ciò aiuterà il Praticante ad eseguire le tecniche non rilassato e lucido ma con una decisa quantità di alterazioni nella frequenza cardiaca e respiratoria, nella sudorazione, con un differente afflusso di sangue ai muscoli e al cervello, liberandolo dalla “scelta” della tecnica da utilizzare e portandolo verso un lavoro più “istintivo” frutto più della stratificazione della tecnica e meno della componente razionale, che come noto rallenta la risposta all’aggressione. Consentendo allo stesso e all’istruttore di verificare l’effettiva acquisizione delle tecniche, che come ovvio saranno richieste, nella vita reale, sotto il forte stress dovuto all’aggressione. In fondo il praticante di Krav Maga si allena per queste possibilità e non per gareggiare o combattere su un ring.

Lavorando a target di intensità individuale, si ovvia al problema della differenziazione fra allenati e non, poiché anziché chiedere al praticante di eseguire, ad esempio, 10 “piegamenti sulle braccia” gli si chiede di eseguire il maggior numero di piegamenti nell’unità di tempo della singola stazione del circuito, già questo accorgimento consente di spostarsi dalla prescrizione di un carico “esterno” a una che si avvicini alla personalizzazione sul carico “interno”, che anche da un punto di vista scientifico viene ritenuta più affidabile per la valutazione della performance e per il miglioramento della stessa. Si tende a lavorare più sull’intensità che sul volume, principio che torna molto utile nella difesa personale per i problemi di tempo sopra menzionati.

Per massimizzare la rispondenza della trasposizione dei protocolli alle finalità e quindi agli obiettivi degli studi originali, ho trovato utile nei circuiti da svolgere in coppia o in gruppo dividerli per livello atletico, facendo lavorare insieme soggetti con un’analoga capacità di lavoro ad alta intensità, per evitare che un soggetto lavorasse al target del circuito e un altro sotto: penalizzando il risultato, o peggio sopra: il che potrebbe diventare addirittura pericoloso. Un aspetto molto importante nell’HIIT, come detto, è il mantenimento dell’intensità target del circuito, ad esempio il “Tabata rielaborato”, va interrotto quando l’intensità degli esercizi inizia a calare, questo perché se l’intensità cala sotto la soglia ritenuta allenante dal protocollo ci si inizia a discostare da quello che lo studio si prefiggeva di ottenere con quella determinata intensità allenante, e quindi tanto più ci si discosta da ciò tanto meno saranno prevedibili gli “adattamenti” e soprattutto potremmo ottenerne in ambiti completamente differenti. Tuttavia, specie nelle stazioni più “tecniche”, ma vale per tutti gli esercizi proposti, va curata moltissimo la tecnica di esecuzione dei movimenti per evitare che un lavoro svolto ad intensità elevata ma con tecnica scorretta possa provocare traumi o infiammazioni. Quindi, almeno nelle prime sessioni di allenamento, si dovrebbe consentire al praticante di acquisire una solida tecnica di esecuzione e una buona abitudine a lavorare sotto sforzo prima di iniziare a praticare i movimenti all’interno di un protocollo HIIT.

Ciascuna tipologia di HIIT proposta può essere monitorata in vari modi, diretti e indiretti. Un primo metodo potrebbe essere verificare gli adattamenti cardiaci, prendendo il polso carotideo al mattino, appena svegli, prima di iniziare il circuito (dopo il riscaldamento) ripetendo la misura al t0 ossia appena terminato il circuito, al t60 cioè 60 secondi dalla fine del circuito, e al t120 cioè 120 secondi dalla fine del circuito. Questo per verificare le variazioni nel tempo e valutarne l’adattamento allo sforzo con il test di Ruffier-Dickson, ad esempio. In questo modo, coerentemente con gli esercizi proposti per il raggiungimento di determinati adattamenti, se si sta lavorando per migliorare il metabolismo alattacido prenderemo in esami i miglioramenti legati al t60, se al contrario volessimo monitorare il metabolismo lattacido potremmo andare a valutare gli adattamenti al t120 e così via.
Il secondo metodo prevede di somministrare ai praticanti un questionario sull’intensità percepita dell’esercizio, un esempio molto valido e altrettanto diffuso è la Scala di Borg CR-10. A questo proposito fra gli esempi citati, il circuito Tabata rielaborato nel mio gruppo di praticanti ha riscontrato una media di 8 sulla scala di Borg (probabilmente poiché è impossibile raggiungere e misurare con esercizi aciclici intensità così alte come quelle dello studio originale), il 30:30 una media di 8,5. Gli scatti massimali un punteggio di 8. La rielaborazione del protocollo di Sheperd ha ottenuto un punteggio sulla scala di 8. Laddove si è lavorato in coppia o in gruppo, come detto ho cercato di abbinare gli allievi per affinità col lavoro sotto sforzo.


I risultati ottenuti


Ho iniziato a ragionare in chiave HIIT non perché ricercassi un particolare adattamento specifico nei praticanti del mio gruppo (anche questo ma è venuto dopo), quanto perché ho riscontrato nei quasi dieci anni di insegnamento di questa disciplina che i nuovi praticanti hanno difficoltà a lavorare con intensità elevate perché apparentemente bloccati dalla scarsa competenza tecnica, come se difendersi fosse appannaggio dei soli praticanti esperti, con un bagaglio tecnico stratificato e abitudine al lavoro sotto “stress psicofisico”. Lavorando con gli HIIT nel mio studio di Personal Training di Grottaferrata, dove spesso li uso per ottenere adattamenti specifici nei clienti che ne hanno bisogno, mi sono accorto che dopo un necessario training sulle tecniche esecutive degli esercizi a corpo libero o con sovraccarichi, una manciata di minuti spesi sui circuiti HIIT li rendeva subito più “sciolti” e dinamici, meno bloccati dal timore di farsi male, come accadeva prima di lavorare con gli HIIT. Per me ciò rappresenta un paradosso interessante ma che esula dagli scopi di questo scritto. In breve ciò mi ha spinto a riflettere e a progettare HIIT per il Krav Maga (per il corso che svolgo a San Cesareo, un campione di 20 allievi, 12 uomini e 8 donne dai 21 ai 56 anni di età) proprio per vedere se questo sarebbe accaduto anche in questo ambito e devo dire che la risposta è affermativa. I praticanti oltre a migliorare diversi parametri specifici hanno dimostrato, dopo tre mesi di lavoro continuativo, una maggiore propensione a “buttarsi” nella difesa, molto più e molto prima che in passato; non è il primo tentativo che faccio in tanti anni e questo è un traguardo molto importante per un praticante di Krav Maga, l’atteggiamento mentale nella difesa conta quasi più della “capacità” stessa di difendersi.

Oltre a questo cambio di atteggiamento, entrando nel dettaglio, ho ravvisato anche una diminuzione media del battito cardiaco a riposo (misurato dai praticanti stessi al risveglio), miglioramento nei punteggi ottenuti con gli indici di Ruffier/Dickson, maggiore attivazione e attenzione durante tutto l’allenamento da parte del gruppo, miglioramenti nel volume totale degli HIIT, miglioramento nell’intensità individuale all’interno delle singole stazioni. Miglioramenti nella composizione corporea e nel tono muscolare, soprattutto degli arti inferiori. Miglioramenti nell’auto-percezione di miglioramento e di performance, ben più alta che mai prima, dove la maggior parte dei progressi venivano percepiti soprattutto in relazione alla capacità di eseguire correttamente le tecniche, invece con gli HIIT i praticanti si sentono “migliorati” anche in chiave fisica, garantendo una fidelizzazione più duratura (almeno fin quando non avranno imparato a difendersi sul serio!). Capacità di lavorare ad alta intensità, che si è estesa a tutte le forme di allenamento proposte.


Conclusioni


I circuiti HIIT Evidence Based Training rappresentano una risorsa in più per l’istruttore moderno, che non allena “come si è sempre fatto” ma si aggiorna e cerca di rendere più efficienti i propri allenamenti. Spesso mi viene chiesto dai colleghi (che sanno quanto curi il potenziamento fisico) qualche “segreto” per variare l’allenamento, specie nella fase di potenziamento, perché temono di “annoiare” gli allievi proponendo sempre lo stesso riscaldamento, sempre lo stesso potenziamento. Invece l’HIIT consente di variare il lavoro, cercando adattamenti differenti, senza scadere in cervellotiche pratiche di nessuna utilità e spesso dannose, o frutto di mode passeggere. L’HIIT è una modalità di allenamento coinvolgente che porta i praticanti ad essere spossati ma soddisfatti per il carico di lavoro crescente che via via riescono a sopportare, lasciandoli con una sensazione di energia, e positività per il resto dell’allenamento, il potenziamento così eseguito è sì intenso ma anche breve e quindi meno impattante sul resto del lavoro da svolgere. Può benissimo prevedere movimenti tipici della disciplina e quindi non è visto come un lavoro “estraneo” al Krav Maga ma parte integrante di esso. A tutto vantaggio della partecipazione attiva di tutto il gruppo. Infine, non rappresenta certo la “panacea di tutti i mali”, o l’allenamento definitivo ma uno strumento moderno, validato scientificamente, che consente misurazioni effettive dei progressi individuali raggiunti e che in un tempo tutto sommato modesto riesce a produrre, se abilmente calibrato, risultati certi in ambiti utili ai praticanti di differenti età e differenti livelli di forma fisica. Il Krav Maga è una disciplina che si svolge ad alta intensità, quindi quale miglior alleato di un HIIT!?

Ringrazio Elena De Righi, Paola Pucci, e Massimiliano Le Mura  per l’aiuto e il supporto nella realizzazione dei brevi video dimostrativi e per i continui feedback e suggerimenti sul lavoro ad Alta Intensità.


Fonti:


W. D. McArdle et al., Fisiologia applicata allo sport, Casa Editrice Ambrosiana, 2007;
G. M. Migliaccio, Formula HIIT, SportScience Academy, 2019;

G. M. Migliaccio, Maxima Performa, Mondadori, 2019;
J. Weineck, L’allenamento ottimale, Calzetti e Mariucci, 2009;
C. Carrio, La preparazione fisica per gli sport di combattimento, Calzetti e Mariucci, 2008

Contatti:

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